Campo di concentramento

L'ingresso della Risiera di San Sabba, a Trieste, uno dei campi di concentramento presenti in Italia durante la seconda guerra mondiale, ora monumento nazionale e sede di un museo storico

Il campo di concentramento (o internamento) è una struttura carceraria all'aperto adatta alla detenzione di civili e/o militari. Si tratta solitamente di una struttura provvisoria, adatta a detenere grandi quantità di persone, in genere prigionieri di guerra, destinati a essere scambiati o rilasciati alla fine del conflitto.

Comunemente è formato dalle baracche o container disposti ordinatamente, contenenti dormitori, refettori, uffici e analoghe costruzioni necessarie alla reclusione dei prigionieri, e circondate da reticolati di filo spinato o altri tipi di barriere. Il perimetro del campo è sorvegliato da ronde di guardie armate.

I metodi e le finalità di sistematica eliminazione dei prigionieri, attuati in queste strutture nel XIX secolo nella guerra di secessione americana da ambedue le parti in conflitto, e nel XX secolo, soprattutto da parte degli inglesi[1] durante la seconda guerra boera, nella Germania nazista e nell'Unione Sovietica stalinista negli anni intorno alla seconda guerra mondiale, hanno fatto sì che nel linguaggio comune campo di concentramento sia spesso assimilato a campo di sterminio, che ne è invece un sottotipo anomalo.

Il trattamento di prigionieri civili e militari nei campi di internamento in tempo di guerra è regolato dalla III e IV Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949.[1] I campi d'internamento sono tuttora usati da unità politiche in guerra, regimi illiberali o come soluzione estrema nella regolazione dei flussi migratori verso alcuni Paesi (campo per rifugiati).


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