Presidenza di Abraham Lincoln

Presidenza Abraham Lincoln
Il candidato presidente nel 1860, subito dopo il discorso di Cooper Union. Foto di Mathew B. Brady.
StatoBandiera degli Stati Uniti Stati Uniti
Capo del governoAbraham Lincoln
(Partito Repubblicano)
Giuramento4 marzo 1861
Governo successivo15 aprile 1865

«Il nostro governo popolare è stato spesso definito un esperimento. Tra i suoi capisaldi la possibilità di fondarlo e amministralo con successo... rimane la possibilità di mantenerlo di fronte ad un tentativo di rovesciarlo. In questa lotta è in gioco non solamente il destino di questi Stati Uniti: essa pone il problema se una repubblica costituzionale, o una democrazia - un governo del popolo, per opera del popolo - può o meno garantire la sua integrità territoriale contro i propri nemici interni.»

La presidenza di Abraham Lincoln ebbe ufficialmente inizio il 4 marzo 1861, con l'insediamento; Lincoln fu il 16º Presidente degli Stati Uniti d'America. La sua presidenza finì con il suo assassinio avvenuto per mano dell'attore John Wilkes Booth al Teatro Ford di Washington. Colpito alla testa la sera del 14 aprile 1865, morì il giorno dopo, all'età di 56 anni, 42 giorni dopo aver inaugurato il proprio secondo mandato. Lincoln rappresentò il primo esponente del neonato Partito Repubblicano eletto alla massima carica degli Stati Uniti d'America. Diresse e condusse alla vittoria dell'Unione nella guerra di secessione americana, la cui durata coincise in sostanza con la sua presidenza.

Entrò in carica a seguito delle elezioni presidenziali del 1860 ove vinse battendo altri tre candidati; quasi tutti i suoi voti provennero dagli Stati Uniti d'America nord-orientali e dagli Stati Uniti d'America medio-occidentali, in quanto i Repubblicani ebbero fin dall'inizio un ben poco seguito nel profondo Sud. Ex appartenente del Partito Whig, il suo programma elettorale era totalmente contrario all'espansione della schiavitù nei territori del West.

La sua elezione fu un'accelerazione in direzione del conflitto. Durante le sedici settimane trascorse dal giorno dell'elezione a quello dell'insediamento, sette Stati schiavisti dichiararono la loro secessione dall'Unione e formarono gli Stati Confederati d'America. Dopo aver prestato giuramento, il nuovo presidente si rifiutò di accettare qualsiasi risoluzione che avrebbe portato alla separazione del Sud dall'Unione. Il conflitto iniziò poche settimane dopo, con l'attacco confederato nella battaglia di Fort Sumter, un'installazione federale situata ai confini delle Confederazione.

Lincoln fu chiamato ad occuparsi degli aspetti politici e militari, affrontando sfide in entrambi. Nella sua qualità di comandante in capo ordinò la sospensione del diritto costituzionale garantito dall'habeas corpus nello Stato del Maryland, per reprimere le azioni a favore dei confederati; egli divenne anche il primo presidente a varare un programma militare di ampio respiro.

Mentre l'Unione affrontava parecchie sconfitte in occasione dell'apertura del "Fronte Orientale", Lincoln rimosse numerosi comandanti militari, per giungere infine a nominare tenente generale Ulysses S. Grant, che aveva già guidato l'Unione a varie vittorie sul "Fronte Occidentale". Il proclama di emancipazione nel 1863 liberò circa un milione di schiavi nel territorio confederato e stabilì l'emancipazione come obiettivo di guerra dell'Unione.

Nel 1865 Lincoln favorì l'approvazione del XIII emendamento, il quale rese incostituzionale la schiavitù. Lincoln stimolò anche altre importanti leggi nazionali, tra cui il primo Homestead Act, che consentiva l'acquisto di terreni del demanio da parte di privati cittadini, i Morrill Land-Grant Acts, che istituivano finanziamenti a istituti di istruzione agricola a livello universitario, e i Pacific Railroad Acts, sulla costruzione di una ferrovia transcontinentale.

Firma autografa del presidente.

Si ricandidò nel 1864, appoggiato dal Partito di Unione Nazionale (National Union Party), costituito dal Partito Repubblicano e dai Democratici del Nord favorevoli alla guerra (i "War Democrats"). Anche se temette di perdere il confronto, riuscì invece ad ottenere una larga vittoria contro il proprio ex subordinato, il generale George McClellan. Pochi mesi dopo le elezioni presidenziali del 1864 Grant pose sostanzialmente fine alla guerra battendo definitivamente l'esercito confederato del generale Robert Edward Lee. L'omicidio di Lincoln dell'aprile del 1865, cinque giorni dopo la resa di Lee, lasciò ad altri la sfida di ricostruire la nazione (vedi Era della Ricostruzione) così duramente provata. Gli succedette il vicepresidente in carica Andrew Johnson, proveniente dal Partito Democratico e candidatosi con Lincoln nell'ambito del Partito di Unione Nazionale.

Dopo la morte, fu ritratto come il liberatore degli schiavi, il salvatore dell'Unione e il martire primo per la causa della libertà. Gli storici politici hanno da molto tempo tenuto Lincoln nel massimo conto, sia per i successi da lui ottenuti sia per le peculiari caratteristiche personali. Accanto a George Washington e Franklin Delano Roosevelt è stato costantemente valutato sia dagli studiosi che dal pubblico nella classifica storica dei presidenti degli Stati Uniti d'America come uno dei tre migliori di tutti i tempi, spesso come il migliore.

  1. ^ Citato in Raimondo Luraghi, Storia della guerra civile americana, BUR, 1994, Vol. I, pp. 212-213

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