Storia dell'Islam

La storia dell'Islam riguarda gli sviluppi culturali, sociali, politici ed economici della civiltà islamica, inizialmente articolatasi nel contesto arabo del VII secolo d.C. nella Penisola araba.

Dalla sua sede originaria, tale credo religioso si diffuse progressivamente nel Vicino e Medio Oriente. Ad ovest, si impose fin dal VII secolo nell'Africa settentrionale, coinvolgendo oltre alle regioni del Nordafrica le popolazioni stanziate ai bordi del Deserto del Sahara. Ad est furono progressivamente sconfitte, e con difficoltà convertite, le popolazioni suddite dei Persiani sasanidi e, ancora più a est, tra l'VIII e il IX secolo, le popolazioni iranizzate della Transoxiana.[1] Le forze islamiche (essenzialmente afghane, ma al comando di ufficiali arabi), tra il X e il XII secolo assoggettarono quote significative delle aree del settentrione indiano.
La spinta mercantile infine spinse l'islam negli arcipelaghi del sud-est asiatico, islamizzando parzialmente le popolazioni della cosiddetta Insulindia.

In Europa l'Islam penetrò nel momento della sua iniziale spinta espansiva, tra l'VIII e il IX secolo, insediandosi in vaste parti della Penisola iberica e in Sicilia (a lungo contesa ai Bizantini).

Grazie a Mehmed II il Conquistatore e a Solimano il Magnifico, l'Impero ottomano cominciò ad annettere dal XV secolo vaste porzioni delle aree balcaniche slave, proseguendo nella sua formidabile spinta nei due secoli successivi, fino ad assorbire per qualche tempo la stessa Ungheria.
Vaste aree russe furono conquistate e convertite invece, non senza difficoltà, dalle forze mongole (ma anche turche e cumane operanti nella cosiddetta Orda d'Oro), già a partire dall'XI secolo.

La Penisola Arabica in una veduta satellitare

La Penisola Arabica si estende su una superficie pari a 3 milioni di km2, e geograficamente si protende nell'Oceano Indiano, bagnata a ovest dal Mar Rosso, a sud dall'Oceano Indiano e ad est dal Golfo Persico. A nord si susseguono deserti aridi e stepposi che conducono alle terre della Mezzaluna Fertile.

Una delle più diffuse teorie sull'Arabia preislamica è la teoria Winckler-Caetani proposta da Hugo Winckler e Leone Caetani, che ipotizza un processo costante di disseccamento della Penisola, che nei secoli preislamici portò al declino della produzione agricola ma anche ad un aumento di popolazione, che poi si riversò nelle vicine terre della Mezzaluna fertile, dando vita alle civiltà cananee e mesopotamiche[2].

Il Sud - oggi occupato dallo Yemen e dall'Oman - è ricco d'acqua e dunque sufficientemente fertile. Il resto - in cui la parte principale è rappresentata dall'Arabia Saudita e dai piccoli Stati del Golfo - è invece prevalentemente desertico, con sporadiche oasi attorno alle quali sono sorte le città relativamente più significative.
Anticamente, i principali mezzi di sostentamento dei popoli nomadi che vi abitavano erano la pastorizia e l'endemico abigeato, vista la spiccata animosità dei numerosi gruppi tribali, con il frequente rapimento di esseri umani (da vendere o meno nei vari mercati dell'Arabia e della cosiddetta Mezzaluna Fertile) e il saccheggio, conseguito col ricorso a un'azione bellica più o meno cruenta, chiamata ghazwa (in arabo ﻏﺰﻭة?).[3]

Tre sono i grandi deserti arabi: il Nafūd (nel centro della Penisola), caratterizzato da vaste dune sabbiose; il Hammud (al confine con la Mezzaluna Fertile), più che altro costituito da terreno stepposo,[4] e infine il deserto praticamente impenetrabile del sud-est. Le comunicazioni tra queste aree erano rese possibili grazie ai wadi, i canaloni di corsi d'acqua per lo più prosciugati.

Per tradizione, gli Arabi del centro-nord dividono la loro regione in tre aree: la pianura costiera del Mar Rosso, o Tihama; le montagne che la separano dal deserto centrale, o Ḥijāz, e l'altopiano che dal Ḥijāz va fino al Golfo Persico, o Najd, occupato in buona misura dal deserto del Nafūd.

La posizione della Penisola era, fin dal I millennio a.C., al centro degli scambi commerciali tra Occidente ed Oriente. Le vie principali erano quelle del Ḥijāz, che dalla Palestina e dal Mediterraneo arrivano allo Yemen seguendo la costa del Mar Rosso, parallelamente alla catena omonima (che fu usata ai tempi di Alessandro Magno e che tornò in auge nel Novecento con la Ferrovia dell'Higaz) e la via più ardua che dallo Yemen portava alla Mesopotamia, attraversando i deserti centrali, passando nel Wadi al-Dawasir e nel Wadi l-Rumma (via principali di contatto tra gli Arabi del Sud e le popolazioni mesopotamiche). Il collegamento tra Arabia centrale e Siria era garantita in gran parte dal Wadi l-Sirhan. Su queste tre strade è passato il traffico commerciale dell'Arabia dei secoli preislamici e anche dei secoli successivi.[5]

Le popolazioni dell'Arabia sono linguisticamente di ceppo semitico, come gli Ebrei e i Mesopotamici.[6] Il capitolo 10 della Genesi, riconosce due diverse discendenze da Sem per gli Arabi del centro-nord e per gli Arabi del sud. La civiltà meridionale, anche per la migliore condizione idrografica dei luoghi (che li fecero chiamare dai Romani Arabia Felix, traduzione dell'espressione greca ellenistica "εὐδαιμονία Αραβία", ossia "Eudaimonìa Arabìa"), si caratterizzò precocemente per il suo sedentarismo che agevolò l'elaborazione di un'articolata lingua scritta epigrafica. Gli idiomi arabi meridionali contribuirono al sorgere dell'arabo classico, unitamente al nabateo). Contatti non episodici e reciprocamente fruttuosi si svilupparono con le antistanti aree abissine, già attorno all'VIII secolo a.C.

Un primo riferimento all'etnonimo Arabo è contenuto nelle Cronache Assire, ma importante è anche l'iscrizione risalente all'853 a.C. del sovrano assiro Salmanassar III. Dal buio della storia della regione in età preislamica, definita dai musulmani Jāhiliyya, "ignoranza [del Messaggio coranico", emerge la storia del regno di Saba, sorto attorno al X secolo a.C., una leggendaria regina del quale avrebbe conosciuto Salomone.

Dall'VIII secolo a.C. esistono saltuari riferimenti all'esistenza del regno dei Sabei, che avrebbe raggiunto la sua acme nel VI secolo a.C. e, intorno al 750 a.C., si narra che un sovrano di Saba avesse ordinato la costruzione della imponente diga di Ma'rib, che comportò un sostanzioso flusso d'acqua in un'ampia area del Sud della Penisola Arabica, favorendone la produzione agricola.
I Sabei ebbero solidi legami commerciali con popoli africani e popoli asiatici, fondando numerose colonie in Somalia ed Etiopia.

Sotto il Regno di Saba, l'Arabia del Sud divenne un grande produttore e commerciante di spezie, (mirra e incenso, oltre a un'ampia varietà di altri aromata) e cereali, grazie a una sapiente gestione delle acque.
Nella letteratura occidentale sono numerosi i riferimenti alle spezie arabe, da Orazio fino a Shakespeare e a John Milton, anche se riguardo a tali prodotti "esotici" i prodotti arabi erano spesso confusi con quanto proveniva da altri luoghi del mondo.

I re in Arabia meridionale non erano divinizzati e pare che fossero più che altro "federatori" (mukarrib), garanti cioè di fronte al pantheon delle loro divinità, venerate in appositi santuari, delle varie realtà etniche che essi rappresentavano. La carica di sovrano pare fosse ereditaria ma per lunghi periodi la loro autorità fu in qualche misura limitata da consiglieri, e si conobbe anche una sorta di feudalesimo, con fortezze/castelli, vassalli e contadini.

La religione diffusamente praticata nell'antica Arabia pre-islamica era una religione politeistica di impronta enoteista. I templi, come nel vicino Egitto, fungevano anche da banche e centri commerciali, con sacerdoti che godevano di vaste proprietà che gestivano lucrosamente. Anche il raccolto delle spezie era considerato sacro, e come tale un terzo della produzione spettava al clero.

La scrittura, testimoniata dalle non poche iscrizioni epigrafiche decifrate, non dettero però origine a un qualche genere letterario, limitandosi alla celebrazione delle divinità e dei sovrani.

  1. ^ Hugh Kennedy, The Prophet and the Age of the Caliphates: the Islamic Near East from the sixth to the eleventh century, London and New York, Longman, 1986 e succ. rist.
  2. ^ Claudio Lo Jacono, «Arabia preislamica». In: Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento (a cura di Alberto Melloni), 2 voll., Bologna, il Mulino, 2010, Vol. 1 A-F, pp. 53-64, alle pp. 54a-56a.
  3. ^ Kalisky, 1972, pp. 26-27.
  4. ^ Dal termine arabo usato per indicare la "steppa" (bādiya, in arabo ﺑﺎﺩﻴـة?) deriva il sostantivo "beduino", ossia "uomo della steppa" (in arabo ﺑﺪﻭ?, badw)
  5. ^ Kalisky, 1972, pp. 29-31.
  6. ^ Kalisky, 1972, p. 34.

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