Battaglia del Golfo di Leyte parte della campagna delle Filippine della seconda guerra mondiale | |||
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24 ottobre 1944: la nave da battaglia giapponese Musashi sotto attacco degli aerei statunitensi della Task Force 38 | |||
Data | 23-26 ottobre 1944 | ||
Luogo | Golfo di Leyte, Isola di Leyte, Filippine | ||
Esito | Decisiva vittoria tattica e strategica alleata | ||
Schieramenti | |||
Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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La battaglia del Golfo di Leyte fu uno scontro aeronavale del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale che, fra il 23 e il 26 ottobre 1944, vide fronteggiarsi le forze alleate e quelle dell'Impero giapponese. Si svolse circa 200 miglia al largo dell'omonima isola filippina in quattro scontri principali (la battaglia per il Mar di Sibuyan e quelle dello Stretto di Surigao, dell'isola di Samar e di Capo Engaño) oltre a diversi scontri minori; il nome deriva dal golfo omonimo dove erano concentrate le flotte anfibie statunitensi, obiettivo strategico primario dell'offensiva aeronavale giapponese.
Citata talvolta come battaglia per il Golfo di Leyte e negli Stati Uniti anche come seconda battaglia del mare delle Filippine[1], è generalmente considerata la più grande battaglia navale della seconda guerra mondiale e anche, secondo alcune stime, la più grande battaglia navale della storia moderna, in termini di stazza totale delle navi coinvolte.[2][3] La battaglia è inoltre la prima in cui aerei giapponesi attaccarono i nemici impiegando la tattica kamikaze.
Il 20 ottobre 1944 le truppe statunitensi invasero l'isola di Leyte con l'obiettivo strategico di isolare il Giappone dai territori del Sud-est asiatico sottoposti al suo dominio, sottraendogli in tal modo essenziali rifornimenti industriali, in particolare gomma e petrolio provenienti dalle Indie orientali olandesi. In risposta all'attacco americano, la Marina imperiale giapponese mobilitò la quasi totalità delle sue rimanenti unità navali maggiori, nel tentativo di ribaltare l'esito dello scontro, ma fu respinta dalla Terza e dalla Settima Flotta della United States Navy in quattro distinti combattimenti; numerose navi giapponesi, comprese quattro portaerei e tre navi da battaglia, furono colate a picco e la controffensiva nipponica fallì rovinosamente: la marina imperiale fu spazzata via come efficiente forza militare e si precluse la possibilità, nell'ultima fase della guerra, di affrontare una nuova battaglia contro le preponderanti flotte alleate. La maggior parte delle più grandi unità sopravvissute, a causa della scarsità di carburante disponibile e di equipaggi aerei, finì per rimanere inattiva presso le proprie basi fino al termine della guerra nel Pacifico.