Nella filosofia di Platone, il noumeno (AFI: /noˈumeno/;[1][2] dal greco νοούμενον,[3] nooúmenon, participio presente medio-passivo di νοέω, "io penso, pondero, considero"[4]) rappresenta una specie intelligibile o idea e indica tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile, ma a cui si può arrivare solo tramite il ragionamento. Il noumeno, come concetto, fonda l'idea di metafisica in Platone.
Secondo Sesto Empirico, già Anassagora avrebbe contrapposto ciò che è pensato (νοούμενα) a ciò che appare (φαινόμενα = i fenomeni).[5]
La filosofia indiana Vedānta (in particolare l'Advaita), le cui radici risalgono al periodo vedico, parla dell'ātman (sé) in termini simili al noumeno.[6]
Tommaso d'Aquino aveva affermato che Dio s6la causa prima efficiente di tutto ciò che esiste e quindi il senso più profondo delle cose. Secindo l'Aquinate, durante la vita terrena Dio non è conoscibile come è in sé e per sé, ma solo mediante le sue opere che sono i suoi effetti visibili. Ciò anticipava l'inconiscibilità dell'essenza ultima delle cose.