Selezione naturale

«La conservazione delle differenze e variazioni individuali favorevoli e la distruzione di quelle nocive sono state da me chiamate "selezione naturale" o "sopravvivenza del più adatto". Le variazioni che non sono né utili né nocive non saranno influenzate dalla selezione naturale, e rimarranno allo stato di elementi fluttuanti, come si può osservare in certe specie polimorfe, o infine, si fisseranno, per cause dipendenti dalla natura dell'organismo e da quella delle condizioni»

La selezione naturale, concetto introdotto da Charles Darwin nel 1859 nel libro L'origine delle specie, e indipendentemente da Alfred Russel Wallace nel saggio On the Tendency of Varieties to Depart Indefinitely From the Original Type, è un meccanismo chiave dell'evoluzione e secondo cui, nell'ambito della diversità genetica delle popolazioni, si ha un progressivo (e cumulativo) aumento degli individui con caratteristiche ottimali per l'ambiente in cui vivono.

In riferimento alla competizione tra individui, Darwin, ispirandosi a Thomas Malthus, descrisse il concetto di "lotta per l'esistenza", che si basava sull'osservazione che gli organismi, moltiplicandosi con un ritmo troppo elevato, producono una progenie quantitativamente superiore a quella che le limitate risorse naturali possono sostenere, e di conseguenza sono costretti a una dura competizione per raggiungere lo stato adulto e riprodursi.

Gli individui di una stessa specie si differenziano l'uno dall'altro per caratteristiche genetiche (genotipo) e quindi fenotipiche (cioè morfologiche e funzionali, frutto dell'interazione del genotipo con l'ambiente). La teoria della selezione naturale prevede che all'interno di tale variabilità, derivante da mutazioni genetiche casuali (nel senso che esse avvengono casualmente e non in funzione di un adattamento), nel corso delle generazioni successive al manifestarsi della mutazione, vengano favorite ("selezionate") quelle mutazioni che portano gli individui ad avere caratteristiche più vantaggiose in date condizioni ambientali, determinandone, cioè, un vantaggio adattativo (migliore adattamento) in termini di sopravvivenza e riproduzione. La selezione naturale quindi, favorendo le mutazioni casuali vantaggiose, funziona come meccanismo deterministico, opposto al caso.

Gli individui meglio adattati a un certo habitat si procureranno più facilmente il cibo e si accoppieranno più facilmente degli altri individui della stessa specie che non presentano tali caratteristiche. In altre parole, è l'ambiente a selezionare le mutazioni secondo il criterio di vantaggiosità sopra descritto: i geni forieri di vantaggio adattativo potranno così essere trasmessi, attraverso la riproduzione, alle generazioni successive e con il susseguirsi delle generazioni si potrà avere una progressiva affermazione dei geni buoni a discapito dei geni inutili o dannosi. La specie potrà evolversi progressivamente grazie allo sviluppo di caratteristiche che la renderanno meglio adattata all'ambiente, raggiungendo una situazione di equilibrio tra ambiente e popolazione che persisterà finché un cambiamento ambientale non innescherà un nuovo fenomeno evolutivo.


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