Vittorio Alfieri

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Vittorio Alfieri
Vittorio Alfieri ritratto da François-Xavier Fabre (1797), Palazzo Alfieri (Asti), ritenuto dal poeta il più somigliante[N 1] e da lui donato alla sorella Giulia nel 1798[1]

Conte Alfieri di Cortemilia
Stemma
Stemma
In carica1750 –
1778/1803[N 2]
Investitura1769
PredecessoreAntonio Amedeo Alfieri
SuccessoreCarlo Giuseppe Maria Luda di Cortemilia[N 3]
Nome completoVittorio Amedeo Alfieri
TrattamentoSua Eccellenza
NascitaPalazzo Alfieri, Asti, 16 gennaio 1749
MortePalazzo Gianfigliazzi, Firenze, 8 ottobre 1803 (54 anni)
Luogo di sepolturaBasilica di Santa Croce, Firenze
DinastiaAlfieri
PadreAntonio Amedeo Alfieri
MadreMonica Maillard de Tournon
ReligioneDeismo
Agnosticismo[N 4][2]

Vittorio Amedeo Alfieri (Asti, 16 gennaio 1749Firenze, 8 ottobre 1803) è stato un drammaturgo, poeta e scrittore italiano.

Alfieri ebbe un'attività letteraria breve ma prolifica e intensa; il suo carattere tormentato, oltre a delineare la sua vita in senso avventuroso, fece di lui un precursore delle inquietudini romantiche.

Come la gran parte dei piemontesi dell'epoca, Vittorio Alfieri ebbe come madrelingua il piemontese. Giacché di nobili origini, parlava fluentemente francese e apprese dignitosamente l'italiano, cioè il toscano classico[3]. Quest'ultimo, tuttavia, risentiva inizialmente degli influssi delle altre due lingue che conosceva, cosa di cui lui stesso si rendeva conto e che lo portò, al fine di spiemontesizzarsi e sfrancesizzarsi[4], a immergersi nella lettura dei classici in lingua italiana, e a compiere una serie di viaggi letterari a Firenze per studiarne la lingua. Dopo una giovinezza inquieta ed errabonda, si dedicò con impegno alla lettura e allo studio di Plutarco, Dante, Petrarca, Machiavelli e degli illuministi come Voltaire e Montesquieu: da questi autori ricavò una visione personale razionalista e classicista, convintamente anti-tirannica e in favore di una libertà ideale, al quale unì l'esaltazione del genio individuale tipicamente romantica.

Si entusiasmò per la Rivoluzione francese, durante il suo soggiorno parigino, nel 1789, ma ben presto, a causa del degenerare della rivoluzione dopo il 1792, il suo atteggiamento favorevole si trasformò in una forte avversione per la Francia. Tornò in Italia, dove continuò a scrivere, opponendosi idealmente al regime di Napoleone, e dove morì, a Firenze, nel 1803, venendo sepolto tra i grandi italiani nella basilica di Santa Croce. Già dagli ultimi anni della sua vita Alfieri divenne un simbolo per gli intellettuali del Risorgimento, a partire da Ugo Foscolo.[5]


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  1. ^ Un ritratto per Giulia - Musei di Asti.
  2. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore ReferenceD
  3. ^ Vittorio Alfieri, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010. URL consultato l'8 aprile 2017.
  4. ^ Gian Luigi Beccaria, I segni senza ruggine. Alfieri e la volontà del verso tragico, in «Sigma», 9, 1/2, 1976, pp. 107-151.
  5. ^ Vittorio Alfieri, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato l'8 aprile 2017.

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